La casa che amo

Biennale Architettura 2025 Gens

Considerazioni preliminari

di Maurizio Barberis

house understood not as a container of functions but as a container of emotions, not the disposable house but the “Bloomsbury house”. The set of artistic disciplines finds common ground in the hypotheses of re-founding the domestic space, understood as a place of rediscovered sacredness. A new synthesis of the arts emerges, reopening the old question of the total work of art.

Passando dalla nozione generica di ambiente a quella più precisa di habitat, si compie un salto di specificità che attiva una serie di riferimenti, consentendo alle varie discipline di trovare un terreno comune. Se infatti l'arte, per sua stessa vocazione, ha sempre avuto come obiettivo intrinseco una sorta di sacralizzazione dello spazio, in relazione a un ambiente preciso simile al luogo di culto (tempio, chiesa e simili), la secolarizzazione del sistema, provocata e realizzata dal Rinascimento, ha di fatto prodotto uno spostamento operativo verso la “domus”, residenza del principe, che nel tempo si è trasformata nelle varie e non sempre felici forme di vita delle società democratiche. Le diverse discipline artistiche hanno così trovato in qualche modo un terreno comune proprio nell'ipotesi di rifondare lo spazio domestico, inteso come luogo di sacralità familiare. Così l'architettura e il design industriale hanno potuto in alcuni casi riscoprire il senso dell'operare legato alla qualità afunzionale di uno spazio restituito disponibile ad essere tale (architettura), in altri casi riscoprire la disponibilità di forme e oggetti che dall'industria deducevano solo in minima parte i loro componenti, avvalendosi di un rinnovato interesse per le forme dell'artigianato (design industriale). Allo stesso modo, le arti visive, che negli ultimi anni sembrano essersi liberate dal complesso museale, sembrano aver ritrovato interesse per un ambiente diffuso (spazi comuni di zone residenziali e alberghi) e per l'espressione architettonica dell'habitat domestico. interesse che inoltre sposta bruscamente il discorso sull'artefatto da un piano meramente funzionalista o artigianale verso forme più attente alle connotazioni “immaginali” dell'oggetto. Come accennato in precedenza, ciò comporta da un lato una rinuncia a certe rigidità disciplinari e dall'altro un arricchimento che solo un confronto aperto e privo di pregiudizi con aree affini può portare. Così, sul terreno della ridefinizione delle qualità dell'habitat, inteso sia nel senso stretto del termine, la casa, sia in senso più ampio, il luogo urbano, si delinea un possibile terreno di sintesi delle arti, che in qualche modo riapre la vecchia questione dell'opera d'arte totale (Gesamstkuntwerke)

1 - Di cosa dunque stiamo parlando? O meglio sarebbe dire, in alcuni casi, di chi stiamo parlando? Di questo strano oggetto del desiderio, la casa, un intreccio di funzioni che genera un modello esistenziale, ovvero dalla capanna al palazzo, passando per tutte le declinazioni che quest’involucro protettivo assume nel nostro immaginario, vissuto essenzialmente come una proiezione del nostro stesso spirito, o meglio sarebbe dire, della nostra anima?

2 - Si dice che la casa muore con chi l’ha amata ed abitata. Quante case sono rimaste nei nostri ricordi, case amate da bambini, di cui ormai non esiste più nulla, trapassate nel bosco della memoria assieme ai volti più cari.

3 - E’ la casa un luogo ‘domestico’? Il termine deriva da Domus, dimora, è sta ad indicare per estensione l’insieme delle funzioni affettive (passatemi il termina) che in quel luogo sono concentrate. Nella dialettica tra forma (intesa come la dimensione delle relazioni affettive) e funzione (intesa come la somma degli spazi e degli oggetti realizzati per garantire la sopravvivenza da chi la occupa) si potrebbe costruire una sorta di metafisica (in senso platonico) dell’abitare, attraverso una specie di circolarità tra le diverse funzioni intese sia nell’aspetto pratico-funzionale che in quello estetico- affettivo, ovvero nella sequenza: archetipo>simbolo>forma>immagine, laddove per forma si allude alla funzione mentre per immagine si allude alle qualità estetiche. Ovvero le forme si esprimono attraverso un dominio delle quantità mentre viceversa le immagini attraverso un dominio delle qualità. E naturalmente il processo può essere percorso anche al contrario: immagine>forma>simbolo>archetipo, generando così appunto un continuo circolare che ad ogni giro sposta di uno iato spazio-temporale l’estetica della dimora. Una sorta di infinito circolare (Cantor?)

5 - Naturalmente questa strana dialettica potrebbe essere estesa anche alla percezione che noi abbiamo dei luoghi urbani, come questi interagiscano con un vissuto che non è certamente solo funzionale, ma anch’esso carico di valenze affettive. Una bella casa in una brutta città, un luogo dove ci sentiamo a disagio uscendo dalla porta di casa, annulla le qualità affettive anche della nostra magione. E il palazzo si trasforma in una capanna.

6 - Questa stessa dialettica circolare, tra un fascio di funzioni che genera una forma e un insieme di emozioni che la gestisce potrebbe essere applicata solo ad un unico altro essere, ovvero l’uomo. L’uomo è la casa e la casa è l’uomo, o meglio la sua anima? togliere la casa ad un uomo è peggio che condannarlo a morte, è come condannarlo ad un inferno esistenziale

7 - Gli oggetti in una casa incominciano a parlare con noi solo dopo che si sono ricoperti della polvere del tempo, solo dopo che sono entrati a far parte dei nostri ricordi, riempiendo il nostro orizzonte affettivo di una strana domesticità.

Le cose ci parlano, basta ascoltarle.

8 - E’ solo dall’imperfezione-entropica che si genera il tempo delle cose e il loro valore affettivo. Pensare di poter generare la casa perfetta, piena di oggetti perfetti è una presunzione che ha il profumo della morte. Entropia è vita?

9 - E l’arte? E’solo un oggetto tra i tanti che compongono la fenomenologia dei luoghi domestici, o, viceversa, è ciò che può donare al nostro abitare quelle qualità noumeniche necessarie per dare un senso più completo alla nostra esistenza? Quale il rapporto tra la nascita di un bimbo e la relazione con gli oggetti d’arte all’interno di un ambiente domestico? Esorcizzare la nascita attraverso l’immortalità dell’arte.

10 - Differenze culturali e modelli extraeuropei dell’abitare contemporaneo: è ancora la casa europeaun modello residenziale attuale? A quali altri modelli può far riferimento un’idea di casa contemporanea? o perlomeno possiamo ancora pensare che esista un modello contemporaneo che si contrappone al passato? A giudicare dal successo dell’abitare nei centri storici, nelle case antiche, sembra che il passato sia più presente del futuro. Si tratteggia dunque un modello residenziale extratemporale, che non considera il tempo come una variabile necessaria, se non nella struttura tecnologica della dimora stessa. Forse?

11 - Insisterei sulla rimessa in gioco delle relazioni tra quantità e qualità, in particolare le relazioni tra le cose, le capacità evocative, e la rimessa in gioco delle relazioni con lospazio urbano, da cui discende la scelta che privilegia i centri storici alle aree di nuovo insediamento. Qualità vs quantità.

12 - Ma la casa ci appartiene per sempre? Nomadismi culturali e nomadismi reali si interfacciano, ponendo sempre più il problema degli oggetti di affezione. E anche qui entra in gioco il ruolo dell’arte, la sua componente affettiva che ci accompagna nella memoria dei luoghi al di là delle cose e delle funzioni. I rubinetti, le vasche da bagno i sanitari o le cucine raramente ci accompagnano nelle future abitazioni. Più facile avere oggetti cui siamo affezionati per diverse ragioni: il mobile della nonna, quel vaso a cui la mamma teneva tanto, nonché la mamma stessa.

E naturalmente l’arte che più di ogni altra esprime le qualià di relazione all’interno degli spazi domestici. Paradossalmente anche lo schermo del televisore che campeggia in soggiorno può e deve trasformarsi in un oggetto, o meglio in un soggetto d’arte, in quanto padroneggia le nostre emozioni inconsce per qualche ora serale, quelle più importanti che precedono il sonno.

13 - Lo stesso vale per altre funzionalità domestiche, laddove l’aspetto emotivo è dominante, come nel caso della luce e degli oggetti che diffondono trasparenza e opacità: non sono le funzionalità ma le apparenze immaginali, le connotazioni emotive che gli oggetti producono all’interno dell’ambiente, che determinano il rapporto ‘reale’ con gli spazi della casa. Pensate solo al tavolo da pranzo, quello strano oggetto attorno a cui una volta si riunivano le famiglie per desinare: Adolf Loos, “ ogni famiglia possiede un tavolo attorno al quale essa può sedersi alle ore dei pasti..” E’ ancora così?

14 - Ultima questione: la casa è un oggetto o un soggetto, un cosa o un chi? La casa può essere un oggetto di consumo, un valore come un altro, disposto sul piatto delle mondanità contemporanee, o, viceversa, un bisogno primario, irrinunciabile, pena la perdita dell’anima. Nel primo caso il nomade diventa un profugo, mentre nel secondo si radicalizzano le appartenenze sociali e geografiche con tutto quello che questo comporta. Esiste una terza via? Forse proprio l’arte può darci una risposta….

15 - Nelle differenze trovare le somiglianze: provate a pensare di collocare sula medesima parete un piccolo dipinto d’epoca rinascimentale e un rotolo di seta dipinto da un pittore-poeta cinese dell’ottavo o nono secolo dc, e, al di là della rappresentazione e delle sue tecniche cogliere il sentimento profondo che unisce l’arte di tutti i tempi e di tutte le latitudini…

L’arte diviene così uno strumento di pace.